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Balotelli su Twitter, in un italiano stentato l’appello contro la “legge sui buu razzisti”

Serata trionfale per Mario Balotelli che decide con l’ennesimo calcio di rigore (procurato e realizzato) la qualificazione del Milan ai preliminari di Champions League in quel di Siena. L’attaccante rossonero, tifoso da sempre della squadra di Milano con i colori “sbagliati” rispetto a quella in cui è cresciuto ed è stato lanciato nel grande calcio, è un novizio su Twitter ed in pochissimi giorni ha già conquistati oltre 500.000 follower. Un vero e proprio boom, d’altra parte lui che è fra i giocatori più popolari in assoluto del calcio mondiale rappresentava un’anomalia, i suoi colleghi (anche quelli meno illustri) hanno da sempre un enorme seguito sul social network di microblogging. @finallymario rischia di essere, a mani basse, l’account del mese (se non dell’anno) anche perché il buon Mario è parecchio preso e lo usa senza risparmiarsi condividendo foto personali ed interagendo con i suoi follower, famosi e non.

Nell’entusiasmo Balotelli non sta particolarmente attento alla forma dei suoi tweet, certo c’è da calcolare la “difficoltà” dei 140 caratteri, ma il campione del Milan (brillante diplomato da privatista con 62/100) mostra tutti i limiti di una lingua italiana a tratti imbarazzante.

Prima risponde ad un follower che gli “segnala” l’aiutino fornito dall’arbitro Bergonzi in questo modo:

Un tweet che viene giustamente seguito da una replica esilarante:

Poi, fra una foto della “festa” sul pullman insieme agli altri giocatori del Milan e un’altra ecco spuntare un appello davvero imbarazzante, ancora una volta con riferimento alle sue dichiarazioni “shock” (“al prossimo buuu razzista lascio il campo“) e alla risposta del presidente dell’AIA Marcello Nicchi che gli ha fatto notare come il regolamento preveda l’espulsione per chi abbandona il campo:

La cosa curiosa è che quando traduce lo stesso messaggio anche per i suoi follower di lingua inglese le cose vanno (quasi) “meglio”:

Balotelli è certamente un simbolo “dei nuovi italiani“, ma (proprio come molti “vecchi italiani”) con l’italiano ci fa a cazzotti.

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