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Buffon: “Nel 2011 volevo lasciare la Juventus; Conte mi convinse a restare”

Maggio 2011. Squilla il telefonino di Gigi Buffon, portiere della Juventus e della Nazionale italiana:

Era Antonio Conte, era quello che aspettavo. Mi disse cose belle e importanti. Nella stagione precedente, che era la prima della presidenza Agnelli, nel girone d’andata non avevo giocato per infortunio e nel ritorno non ero io: avevo la testa da un’altra parte. Pensavo che fosse giunto il momento di cambiare, di lasciare la Juve. Io ho sempre avuto un grande senso di responsabilità: beh, l’avevo smarrito. Poi, io e i nuovi dirigenti ci siamo conosciuti bene e sono cambiati i loro giudizi su di me. Avere la maturità di ricucire i rapporti dopo alcuni screzi ti unisce ancora di più. Quella telefonata fu importante e da quel momento sono più juventino di prima.

È lo stesso Buffon a rivelare l’aneddoto nell’intervista oggi pubblicata da La Gazzetta dello Sport. Una confessione che si va ad aggiungere a quella di qualche anno fa, quando rivelò di essere caduto in depressione dal dicembre 2003 al giugno 2004.
Parole che confermano che dietro all’immagine del portierone che si porta la Juventus sulle spalle (da un anno come capitano) c’è l’uomo comune con le sue difficoltà e i periodi neri.

Nel corso dell’intervista Buffon ha parlato anche della nuova stagione calcistica, tornando ad evidenziare il rischio della ‘pancia piena’ per la Juve:

Nei pronostici sento dire che non siamo i probabili favoriti, ma i sicuri vincitori: e questo non è vero. Chi fa sport sa che la determinazione è un fattore determinante che sposta gli equilibri. Ognuno di noi deve sentire la voglia di mettere un mattoncino anche fuori dal campo.

Dopo aver definito Tevez “unico”, anche se simile per forza di gambe ad Antonio Cassano, e dopo aver rivendicato per sé il ruolo di “cuscinetto tra lo spogliatoio e lo staff tecnico”, il portierone è tornato sulle polemiche che lo hanno riguardato recentemente per il fatto di parare pochi calci di rigore:

C’è gente che non sa di cosa parla. Come percentuale di rigori parati sono nella media. Poco tempo prima della sfida con la Spagna ne avevo parato uno nelle qualificazioni al Mondiale, all’Europeo le cose erano andate bene. Ho goduto perché tre giorni dopo Dio ha voluto che si andasse ai rigori contro l’Uruguay e che io ne parassi tre.

Infine, dopo gli elogi a Pogba (“Gioca per divertirsi e farsi ammirare: atteggiamento bellissimo. È un ragazzo adorabile, speciale”), la concorrenza in azzurro di Marchetti e Sirigu:

Io ho grande stima di Marchetti e Sirigu. Lo sport è competizione: se mi manca la competizione io muoio. Da ragazzo magari mi infastidivo se qualcuno metteva in dubbio il mio ruolo, adesso mi serve.



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