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Dieci anni senza l’Avvocato: Torino e la Juve ricordano Gianni Agnelli

A dieci anni esatti dalla morte, all’età di 81 anni, dell’Avvocato Gianni Agnelli, personalità di spicco della cultura italiana il cui nome si è legato indissolubilmente alla città di Torino, alla Fiat e alla Juventus, oggi nel capoluogo piemontese si è tenuto un doppio appuntamento a cui hanno partecipato centinaia di persone, tra le quali numerose personalità del mondo della politica, dell’industria e dello sport. Prima la Messa solenne intorno alle ore 11 celebrata dall’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia nel Duomo di Piazza San Giovanni, quindi nel pomeriggio in Comune commemorazione moderata dal sindaco cittadino Fassino, da Marchionne e da John Elkann. Come detto tante le figure istituzionali presenti, a partire dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oltre alla Fornero, Grilli, Profumo e Tremonti.

Presente la famiglia Agnelli al completo, i vertici Fiat e una nutrita rappresentanza del mondo dello sport e, più in particolare della Juve: hanno preso parte alla celebrazione Marotta, Mazzia, Nedved, Conte e Buffon, oltre a Pessotto, Gentile, Causio, Bettega, Ferrara, Torricelli, Inzaghi, Morini, Porrini, Tacconi, Cabrini e Anastasi. Come da pronostico non hanno mancato all’appuntamento anche due ex presidenti juventini come Boniperti e Grande Stevens. Da sottolineare come Del Piero, amato dall’Avvocato negli anni ’90, ha tracciato il suo appassionato e tenero ritratto dall’Australia affidando i suoi pensieri a Sky. Quest’oggi tanti i discorsi, i commiati, i ritratti, dopo un decennio che è volato in un lampo e che non ha intaccato la memoria data la vividezza di ricordi per una persona così originale, acuta e intelligente.

Riportiamo integralmente la nota commemorativa che è apparsa sul sito ufficiale della Juventus e che delinea un profilo completo di Gianni Agnelli:

“Nei momenti difficili di una partita, c’è sempre nel mio subconscio qualcosa a cui mi appello, a quella capacità di non arrendersi mai. E questo è il motivo per cui la Juventus vince anche quando non te l’aspetti”. Giovanni Agnelli aveva cinque anni quando festeggiò il suo primo scudetto, il secondo nella storia della Juve. Quella frase la pronuncerà molto tempo dopo, ma è bello pensare che già da bambino ne avesse trovato lo spunto. Perché, dopotutto, ben prima di diventare l’Avvocato, era già innamorato della sua squadra. Nel 1947, a soli 26 anni, ne assunse la presidenza, per sei stagioni, fino al 1953, ma anche dopo aver lasciato il timone, rimase sempre al fianco della Juve, accompagnandola con l’entusiasmo di un tifoso e la competenza di un esperto, regalando carezze o giudizi taglienti, sempre però dettati dalla più sincera passione.

Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, Giovanni Agnelli è per tutti ancora un punto di riferimento. Il suo stile, i suoi gusti, la sua personalità, sono diventati, o meglio, sono rimasti, un metro di giudizio. In economia, in politica, nello sport. Ogni realtà che lo abbia visto protagonista sente non il dovere, ma la necessità di confrontarsi con quello che si ritiene potrebbe essere il suo pensiero. Una presunzione che in realtà nasconde il desiderio di apprezzamento. Perché sentir dire “sarebbe piaciuto all’Avvocato”, vale quanto un diploma e sforzarsi di ottenerlo è il modo più giusto di onorarne la memoria. La Juve, la sua Juve, ci sta provando e, crediamo, ci stia riuscendo.

Cesare Prandelli, il ct azzurro che Agnelli conobbe da calciatore, se n’è detto convinto. L’Avvocato si sarebbe divertito. Avrebbe ammirato la classe di Pirlo, l’autorevolezza di Buffon, l’estro di Vucinic, la potenza di Pogba, la juventinità di Marchisio, la fame di Conte… Questo, almeno, ci piace pensare. Ci piace immaginarlo seduto al suo posto, allo Juventus Stadium, ad applaudire entusiasta. E, finita la partita, tornare verso Villa Frescot orgoglioso, sorridendo al pensiero che la sua Juve sia in buone mani.



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