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Il progetto Milan sulle tracce di quello juventino? Sì con qualche ma…

Non si può affermare con certezza che il modello del nuovo Milan, una ciambella senza ancora il buco, si rifaccia al modello Juventus. Galliani non lo accetterebbe mai e non lo ammetterebbe mai. Tanto meno in prossimità del confronto diretto in scena allo Juventus Stadium, in situazioni di classifica e di forza diametralmente opposti, dove Inzaghi è chiamato come tassa minima a uscire a testa alta dalla sfida: accadde per certi versi in occasione del match d’andata, a San Siro, quando la sconfitta dei rossoneri aprì la spirale negativa.

Quella delle probabili insicurezze che vengono fuori di fronte a un tecnico alle prime armi a certi livelli e a un gruppo non ancora reso omogeneo. Fu Carlos Tevez a rompere quei delicati equilibri, resi evidenti da come il Milan provò inizialmente a fare partita per poi finire per subirla. E del modello Juve, unico modello attualmente vincente tra le varie proposte della Serie A, il Milan sembra comunque studiarne i particolari.

Che siano state scelte ponderate o meno, condizionate o meno, ecco i 5 punti in comune tra ciò che è accaduto, con risultati ancora non corrispondenti alle aspettative e più simili al primo anno di gestione Agnelli (allenatore Gigi Del Neri) piuttosto che a tutto ciò che è accaduto sotto la Mole negli anni successivi: l’inserimento improvviso nella vita del club di Barbara Berlusconi, nuova storia di rampolli di famiglia legati alla loro passione per il calcio. Andrea Agnelli in questo senso ha rappresentato più di qualcosa: capacità manageriali, modernità, ricambio generazionale e visione aziendale del club. Barbara poteva e doveva essere qualcosa di simile. E il discorso in casa Milan si è configurato al momento come un piccolo grande equivoco ancora irrisolto.

Che abbia ragione Raiola o meno, quindi a prescindere se Conte fosse davvero la prima scelta del Milan per la stagione 2014/15, il Diavolo (o Galliani?) ha puntato tutto su Filippo Inzaghi. Emergente, affamato, determinato, convinto. Il percorso è stato diverso, ma in tanti ci hanno visto il possibile nuovo Conte. Uno che conoscesse i crismi del calcio italiano, che li avesse vissuti, che fosse ambizioso al punto da poter pensare di poter ricostruire da zero un progetto tecnico che non funzionava. Le somme si tirano alla fine, ma oggi Inzaghi viene accostato piuttosto all’esperienza in bianconero di Ciro Ferrara.

E’ stata la settimana dello stadio di proprietà del Milan. Il plastico, il progetto, il nuovo polo rossonero nel pieno della città. Il sogno, la necessità, la volontà di guardare avanti. In questo caso essere anche costretti ad inseguire. Il modello Stadium, la casa del tifoso che dà forza, appartenenza e soprattutto punti alla squadra. Va ricordato però che la Juventus si mosse in questo senso quando le cose andavano bene (appena prima dello shock di Calciopoli) e che la proprietà non ha mai per un attimo perso di vista l’obiettivo. Non si andò per tentativi a Torino; a Milano deve succedere la stessa cosa. Sapendo che comunque ci vogliono anni, denari ed energie.

Anche a livello dirigenziale la Juve sta facendo scuola sul Milan. Sono i fatti e i movimenti a dimostrarlo. E siamo nel mese in cui Galliani ha dovuto incassare l’ingaggio di Ariedo Braida da parte del Barcellona. Strategicamente però una nuova vision anche rossonera risale ad almeno un anno e mezzo fa: i tentativi e i sondaggi per cercare di capire se fosse possibile accaparrarsi Fabio Paratici, uno dei bracci operativi della Juve di Marotta, nonché l’idea che comunque un responsabile diretto dell’area tecnica (dirigente non ex allenatore) sia una delle chiavi. Il favorito resta Sean Sogliano, che ha già detto di ‘no’ ai rossoneri in estate, a patto che una parte della carta in mano sia davvero “bianca”.

Italianità al centro di tutto. Italianità smarrita, senatori smarriti, identità smarrita. Pur con fatica la Juventus ha fatto così (è anche un po’ nella sua storia) e ne ha tratto benefici in termini di rendimento collettivo nonché di punti di riferimento nel gruppo. Non a caso proprio Juventus e Milan sono stati gli unici top club italiani ad aver acquisito soltanto profili nostrano nel mercato di gennaio, ma comunque più in generale il Milan è evidente che stia cercando di tracciare un percorso che lo riporti ad avere una generazione di italiani come asse portante. Forse ci vorrà tempo, ma tirando fuori le unghie potrà pagare.



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