La Serie A non è più quella di una volta, l’Italia neppure (due mondiali a fila fuori nel primo girone finale non è proprio il massimo), gli insegnamenti dei tecnici nostrani quelli invece rimangono e poi le scelte sono un altro discorso, fanno capitolo a sé. E’ lo strano caso della Colombia a dimostrarlo, chiamata adesso al quarto di finale della vita (o della morte, per entrambe) contro il Brasile, ovvero l’organico più affollato di “italiani” e curiosamente costruito su una linea a quattro difensiva emanazione diretta della Serie A. E ancora più curiosamente si tratta di quattro profili molto chiacchierati, negativamente, dalle cronache del nostro calcio. Aiutate in modo palese dalle scelte tecniche dei loro allenatori.

I nomi li conoscete, da destra a sinistra: Zuniga, Zapata, Yepes, Armero. Due portati in Italia ancora davvero giovani dalla solita Udinese (Zapata e Armero), uno dal Siena (Zuniga) e un altro ancora arrivato invece già esperto da presunto derelitto al Chievo dopo anni e anni di campionato francese tra Nantes e Psg (Yepes, giocatore che il Parma provò a portare in Italia a 23 anni dal Deportivo Calì).

Oggi costoro sono rispettivamente, da destra a sinistra, sulla lista dei cedibili del Napoli (sia Zuniga che Armero, anche se per motivi opposti: troppe esigenze contrattuali il primo, tecnicamente bocciato da Benitez il secondo), deriso da giornalisti e tifosi del Milan (Zapata) e ridimensionato a Bergamo dopo aver fatto la riserva delle riserve al Milan (Yepes).

Si tratta però, fate attenzione, di una linea a quattro ben assortita stando ai concetti cari a chi persegue un calcio “internazionale”. Due esterni brevilinei di spinta, un centrale solido e destro di piede guidato a sua volta da un esperto mancino alla sua sinistra. Tutta gente che in Italia ha imparato tanto, tatticamente. E che ha lavorato tanto, atleticamente.

Poi invece a La Domenica Sportiva vediamo che il Napoli gioca con Maggio (sfasato al punto da perdere giustamente la Nazionale) e un ex disoccupato a sinistra (Reveillere); che Allegri preferiva Bonera a Yepes e che Zapata si prende parole da tutti, compagni e opinionisti inclusi. Il problema allora è altrove: la Colombia sa fare squadra, e in quanto tale sa trasmettersi fiducia per osmosi da reparto a reparto. Senza paura di sbagliare.

Con almeno un paio di fuoriclasse credibili nell’undici titolare e un tecnico umile al punto giusto (chi ricorda che Pekerman ha praticamente lanciato Leo Messi??) da non sbagliare le scelte più logiche soprattutto dopo la defezione del top-player Falcao e da non farsi comandare da chi si prende i titoli sui giornali.

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