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Okaka: “Penalizzato perché sono nero”

Stefano Okaka è letteralmente rinato alla Sampdoria sotto la guida tecnica di Sinisa Mihajlovic. In pochi in estate avrebbero scommesso sull’attaccante cresciuto nelle giovanili del Cittadella e poi della Roma e reduce da una sorta di tour per l’Italia con una breve parentesi anche in Inghilterra al Fulham. A 25 anni, Okaka sembra aver raggiunto finalmente la maturità calcistica e lo sta dimostrando con ottime prestazioni e belle marcature in Serie A, tanto da convincere il commissario tecnico della nazionale italiana, Antonio Conte, a convocarlo per l’amichevole con l’Albania disputata qualche settimana fa. Un esordio fortunato quello del bomber blucerchiato, che seppur con la collaborazione di un difensore avversario, ha bagnato il debutto con il gol.

Oggi, Okaka racconta il suo periodo magico alla ‘Gazzetta dello Sport’, ma non dimentica quanta gavetta abbia dovuto fare prima di riuscire ad imporsi all’attenzione del grande calcio. Dal 2007 ad oggi ha vestito numerose maglie, tra cui quelle di Modena, Brescia, Bari, Spezia e Parma… In mezzo tante difficoltà e, rivela, anche un bel po’ di razzismo:

“Se fossi stato bianco – racconta – sarei più considerato di quello che sono: un nero deve sempre dare qualcosa di più. A Cittadella, quando andavo a scuola mi prendevano in giro per il mio secondo cognome, Chuka. Non li picchiavo perché si sarebbero fatti male, ma ci soffrivo”.

Okaka, 186 cm per circa 82 chilogrammi di peso, è un vero e proprio armadio che in campo sposta a spallate i difensori, ma non disdegna le giocate di fino, che fanno parte da sempre del suo repertorio. Umile e sempre a disposizione della squadra, il centravanti ha letteralmente fatto innamorare Mihajlovic, che ne ha fatto uno dei punti fermi della sua Sampdoria. Tra le sue più cocenti delusioni, la doppia parentesi al Parma: sotto la guida tecnica di Donadoni, il periodo più basso, probabilmente, della sua carriera:

“Donadoni mi faceva allenare da solo, Cassano l’unico a credere in me e a proteggermi. Fuori sono un bonaccione, ma sul terreno di gioco mi trasformo. Per 90 minuti odio tutti i miei avversari allo stesso modo anche se non ci litigo, non sono il tipo. Con gli arbitri è un’altra cosa, ci discuto in continuazione, li contesto. Lo ammetto, io Okaka non lo vorrei arbitrare mai”.

Dalle stalle alle stelle, il passo è stato breve: seppur di origini nigeriane, Okaka ha rifiutato la convocazione da parte della nazionale africana, poi è arrivato Conte e la prima convocazione in azzurro condita dal gol:

“Io mi sento italiano, quando mi hanno telefonato per giocare con la Nigeria ho rifiutato perché non mi sembrava una scelta naturale, e poi è arrivata la chiamata di Conte per l’Italia. Però il mio passato è là e oggi mi sento come un albero che non conosce le sue radici”.



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