Lionel Messi ha perso. Ok, per carità, ha perso l’Argentina, ma è inevitabile l’equivalenza fra la squadra che esce sconfitta, fra le lacrime, dal Maracana e il suo simbolo. Il numero 10 del Barcellona non è stato il protagonista atteso, ha segnato certo, ha deciso le partite contro Bosnia e Iran, ma non è riuscito nel salto di qualità che in tanti si attendevano da lui. La magia non è arrivata. Il primo, chissà quanto credendoci sul serio, era stato proprio lui, il suo punto di riferimento, Diego Armando Maradona. Il pibe de oro aveva preconizzato una doppietta del suo erede e la vittoria dell’Argentina in finale, ma alla fine il colpo di classe che ha fatto la differenza (insieme ad un sacco di altre cose) è stato firmato da Mario Gotze.

Il 22enne cresciuto nel Borussia Dortmund, oggi al Bayern Monaco, era stato fra i più deludenti nelle fila tedesche sin qui. Low gli aveva concesso poco spazio, nonostante il gol segnato nel girone, ma al momento decisivo ha mostrato quanto questa Germania sia ricca di talenti da potersi permettere (o ad esserne obbligato, per ragioni tattiche) di tenere uno come Gotze in panchina per quasi tutta la finale del campionato del Mondo. Messi invece è rimasto in campo per 120 minuti più recupero, buttando alle ortiche la punizione, in verità per nulla facile da segnare, in pieno recupero del secondo tempo supplementare. L’azione “simbolo” di un incantesimo che non ha avuto modo di realizzarsi.

Tanti lo attendevano al varco dopo una stagione non esaltante, per i suoi standard, e la Pulce ha perso. Si potrebbe dire “ha fallito“, ma sarebbe oggettivamente ingiusto. Certo gli annali non registreranno il suo successo nella Coppa del Mondo e questa “non vittoria” segna una cesura inevitabile nel confronto fra Messi e Maradona. Il mito del calcio argentino portò la squadra al successo finale nel 1986, segnando i leggendari gol nella semifinale contro l’Inghilterra, e riuscì a farlo a 26 anni. Messi, che ha “già” compiuto 27 anni, non riuscirà a pareggiare il suo punto di riferimento se non quando ne avrà 31. Ammesso sia ancora possibile.

Già perché questa Argentina era una squadra “anziana”, anche se fosse stato convocato un altro amatissimo calciatore albiceleste, Carlitos Tevez, non avrebbe fatto che alzare l’età media dei sudamericani. Talenti puri pochi, ragazzini in campo nessuno, e tanti giocatori a fine corsa, seppur straordinari nel loro apporto come l’immenso Mascherano ammirato in Brasile.

Insomma, mentre la Germania che stasera alza sobriamente la Coppa al cielo aveva già dato l’impressione di essere in costante crescita già 4 anni fa in Sudafrica, l’Argentina non riesce a dare la stessa sensazione e la cosa non può che preoccupare Lionel Messi, il miglior calciatore del nuovo millennio appena iniziato, che rischia di chiudere la carriera con una valanga di palloni d’oro (stasera la beffa di vedersi consegnato anche quello – immeritato – di miglior calciatore di Brasile 2014), ma senza mai baciare la Coppa del Mondo da trionfatore. Diego Armando Maradona, con tutti i suoi difetti e i suoi eccessi, c’è riuscito. La frattura fra il fenomeno e il mito potrebbe apparire sempre più evidente.

Le Foto di Germania-Argentina, finale Mondiali 2014

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