Dalle parti di Anfield Road sono giorni di febbrile attesa: ogni minuto è buono per sognare, il Liverpool dopo una stagione a tratti spettacolare (senza gli impegni europei che hanno preservato gambe e testa di Suarez e compagni) può davvero rischiare di vincere il titolo numero 19 che manca sulla sponda rossa del fiume Mersey dal lontano 1990. Ventiquattro anni sono un’eternità, solo in parte mitigati dai successi nelle coppe (tanto in patria quanto in Europa), per questo i giocatori in Red di quest’anno potrebbero assurgere al ruolo di vere e proprie divinità per il popolo della Kop: oltre ai soliti noti che da anni tirano la carretta (da Gerrard a Skrtl, da Johnson a Henderson), due personaggi su tutti stanno conquistando il cuore dei tifosi. Si chiamano Daniel Sturridge e soprattutto Philippe Coutinho, brasiliano dai piedi sopraffini arrivato in Inghilterra poco più di un anno fa e già perno inamovibile dello scacchiere tattico di mister Brendan Rodgers. Lo stesso allenatore dei Reds diceva appena due mesi fa di loro: “Una volta che sono arrivati, le fortune della nostra squadra sono cambiate improvvisamente. Sturridge ci ha dato un altro passo, mentre Coutinho ci ha regalato il tocco magico del pallone. Con loro in squadra, il resto del gruppo ha iniziato a capire il mio calcio“.

Non solo preziosismi in chiave tattica, ma anche tanta corsa e gol pesanti, come quello – bellissimo – messo a segno ieri dal numero 10 in rosso: tiro di prima intenzione a giro a beffare Joe Hurt per il 3-2 definitivo con cui è stata abbattuta la corazzata Manchester City. E’ il quinto gol stagionale, tutti in Premier League, per l’ex interista, l’ottavo da quando è arrivato in sordina in Terra d’Albione, nel gennaio del 2013: approdato all’Inter nell’estate 2010 per 3,8 milioni di euro dal Vasco Da Gama, complici anche alcuni infortuni non era riuscito a soddisfare le aspettative con Benitez prima e Leonardo poi (sotto la cui guida segnò il primo gol in nerazzurro a maggio contro la Fiorentina), ma non andò meglio neanche con Gasperini e Ranieri. Il prestito all’Espanyol confermò la bontà dell’operazione, perché Coutinho in Spagna in sei mesi lasciò il segno a Barcellona (16 gare e 5 gol), ma il rientro alla Pinetina si dimostrò un film già visto. In gol all’esordio nei preliminari di Europa League (con l’Hejduk), segnò anche alla prima di campionato col Pescara (e poi col Neftchi Baku), salvo poi scomparire dai radar di Andrea Stamaccioni che sentenziò: “Per me si può vendere“. Arrivò così il Liverpool che mise sul piatto 10 milioni di euro e se lo accaparrò senza il minimo sforzo.


Il resto è storia recente, recentissima: l’Inter cerca giocatori giovani (Cou è un classe ’92) e tecnicamente bravi, intanto però l’unico davvero forte che avevano in rosa, e in più di prospettiva, è stato venduto a titolo definitivo in nome di una plus-valenza molto modesta. Ma perché le cose a Milano non andavano per il verso giusto? Ci provò lo stesso fantasista a spiegarlo nel febbraio scorso: “E’ tutta una questione di come ci si concentra per il match. Tutti i giocatori ne hanno bisogno. All’Inter, purtroppo, non ho avuto questa possibilità ed è per questo che il mio rendimento non è simile a quello che ho al Liverpool. Inoltre il fatto che il gioco della Premier League sia più veloce e dinamico mi aiuta in tutto questo” disse senza rancore alcuno; perché Coutinho non è tipo da grandi proclami o piazzate di sorta, ma l’ambizione di convincere il ct del Brasile Scolari a una chiamata in vista dei mondiali casalinghi, beh quella ce l’ha eccome (ad oggi vanta una sola presenza nel 2010 in amichevole). D’altra parte le referenze non gli mancano, come quella del suo allenatore Rodgers che innamorato di lui non ha esitato a dire:

“Il Brasile ha tanti ottimi giocatori, ma secondo me Coutinho dovrebbe far parte della nazionale. Non credo che questo lo preoccupi più di tanto perché è ancora veramente giovane. Sono sicuro che ogni giocatore brasiliano sogna di prendere parte ad una Coppa del Mondo organizzata in casa propria”.

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