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Siena, Emeghara si racconta: “Povero e orfano, questa è la mia storia”

Quando l’allenatore Giuseppe Iachini ha deciso di schierarlo da titolare contro l’Inter in molti si sono chiesti: ma chi diavolo è il numero 10 del Siena? Sconosciuto ai più, arrivato nella città del Palio da pochi giorni, debuttante contro l’Udinese ma dal primo minuto una settimana dopo, al Franchi. Venti giri d’orologio e gol. Innocent Emeghara si è presentato così al grande pubblico, un gol alla Beneamata, una storia tutta da raccontare. Ma prima di addentrarci nei dettagli della sua vita ripercorriamo la sua breve carriera calcistica: nato in Nigeria nel maggio ’89, è emigrato in Svizzera nel 2002; giovanissimo viene notato dagli scout dello Zurigo di cui indossa la maglia per poi passare al Winterthur e al Grasshoppers. Da lì al Lorient, Ligue 1 francese, il tutto condito dalle convocazioni in Under 21 prima e Nazionale maggiore della Svizzera poi.

Emeghara è bassino, solo 170 centimetri di statura, ma ha molta forza e velocità, doti che hanno conquistato il direttore senese Antonelli; come ha dichiarato Iachini dopo il successo di domenica scorsa, il suo acquisto (prestito con diritto di riscatto fissato a 3 milioni) non è avvenuto per caso: “Ricercavo determinate doti in un attaccante e, insieme ai nostri direttori, abbiamo visionato tramite DVD numerosi protagonisti appartenenti da scenari esteri, ci è sembrato l’uomo giusto per velocità e profondità, caratteristiche che a noi servivano molto“. Dopo l’euforia per la vittoria e la soddisfazione che uno dei protagonisti fosse stato proprio il nuovo arrivato, anche il presidente Mezzaroma ha parlato di lui: “Ha dimostrato di avere qualità, ma noi lo sapevamo. Qualcuno crede che prendiamo giocatori dall’album Panini, ma non è così“.

E così Innocent in persona, dopo aver scelto la via del silenzio domenica pomeriggio nonostante la buona prestazione, oggi si è invece concesso ai giornalisti raccontando la sua storia alla Gazzetta:

“L’unica cosa che so di mio papà è che è morto quando mia madre era incinta. Morto di malattia, non l’ho mai conosciuto. Sono nato a Lagos, ma cresciuto in un villaggio vicino. Voi nemmeno potete immaginare come sia la vita lì. Povertà, malattia. Ma è la più forte palestra di vita, se sono quello che sono lo devo alla mia infanzia. A 13 anni sono arrivato a Zurigo, mia madre si era risposata lì, l’ho seguita. Certo non sono arrivato in Svizzera con l’idea di diventare un calciatore. Giocavo dopo la scuola, per passare il tempo”.

Poi il destino prende una buona piega, il calcio si trasforma in una via d’uscita, in un modo per dimenticare il passato:

“Ho avuto la fortuna di entrare subito in un piccolo club, il Toss. Lì mi hanno visto quelli dello Zurigo, poi è arrivato il Winterthur, poi ancora il Grasshoppers e la Francia, al Lorient. Il mio obiettivo è la Coppa del mondo con la Svizzera. Se potevo andare allo Shanghai al posto di Drogba? Vero, ma penso di essere ancora troppo giovane per la Cina”.

Ora il Siena, la sua grande opportunità come lui stesso aveva definito la nuova avventura in terra Toscana in sede di presentazione; dopo un paio di settimane può già definirsi soddisfatto:

“Qui mi trovo benissimo, mi piace la città e la cucina. Sono felice per il gol e il successo sull’Inter: siamo ancora messi male ma la vittoria dà morale. Per il mio futuro vediamo cosa succederà alla squadra, ora mi concentro sulla salvezza”.

Emeghara non parla tanto ma vuole farsi conoscere. E’ ambizioso come è giusto che sia, è giovane, vuole sfondare. Emeghara è tante cose ma di certo non è un tipo permaloso e quando gli si chiede un parere sul razzismo nel mondo del calcio risponde in tutta franchezza:

“Sembrerò controcorrente ma non credo che quello negli stadi sia vero razzismo. Le offese dei tifosi nascono per la rabbia sportiva, e ti urlano la prima cosa che viene loro in mente”.



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