Si è detto e scritto tanto sui cocci rotti della Nazionale Italiana, sul fallimento ai Mondiali che ha radici molto più profonde di un semplice screzio tra “senatori” e “rompiballe”. Proviamo a dire la nostra e a mettere un po’ d’ordine.

1) Su Mario Balotelli. Abbastanza patetica e poco pertinente la sua scelta di tirare in ballo il colore della pelle in risposta alle critiche. Non c’entra nulla, in questo caso. Sul giocatore. E’ semplicemente un buon attaccante, non un campione. Ha fatto pena in 2 partite su 3. Era la punta titolare e ha fallito. Ma in giro, attualmente, attaccanti italiani molto più forti del milanista non ce ne sono. Non abbiamo la controprova, ma Destro e Berardi, probabilmente, avrebbero fatto la fine di Insigne (poco utilizzato e impalpabile quando è sceso in campo). E Immobile, capocannoniere del campionato italiano, non ha fatto altro che litigare con il fuorigioco.

2) Sui senatori. La scelta di inveire contro Balotelli e Cassano, da parte dei cosiddetti senatori, è fuori tempo, financo sbagliata. Di solito parla l’allenatore, ma in questo caso, evidentemente, Buffon e De Rossi avevano più peso di Prandelli. Se gli atteggiamenti infantili dei due giocatori erano mal digeriti dal gruppo, sarebbe stato meglio sottolinearlo prima. Non quando la nave è già affondata. Si perde e si vince in 11. Anzi, in 23 più il commissario tecnico.

3) Le responsabilità del ct Cesare Prandelli. Se n’è andato sbattendo la porta, ma le critiche fanno parte del gioco. Si è incartato definitivamente nell’ultimo anno. La scelta di utilizzare un codice etico si è rivelata un boomerang perché, inevitabilmente, ha favorito i figli e sfavorito i figliastri. Chiellini lo avrebbero portato tutti al Mondiale, ma ci è andato anche grazie alla mancata applicazione del fantomatico codice etico, non solo per i suoi meriti. I continui cambi di formazione e di modulo hanno ulteriormente incasinato un gruppo di giocatori che non brillava per armonia. Incomprensibile la scelta di cambiare formazione contro la Costa Rica e di cancellare la coppia Darmian-Candreva che contro gli inglesi si era messa in evidenza. Discutibile la convocazione di Cassano che al Mondiale ha giocato da fermo (e che a quanto pare ha chiesto di entrare in campo durante l’intervallo di Italia-Uruguay). Di giocatore difficilmente gestibile bastava Balotelli. Forse si poteva dare una chance all’usato sicuro con Gilardino o Toni, forse Giuseppe Rossi…forse col senno di poi…

4) Le lamentele e lo scarso peso politico della Figc. E’ sicuramente un nostro tratto culturale, ma al Mondiale nessun’altra Nazionale ha parlato così spesso del caldo, dei time out e in ultimo dell’arbitraggio (sfavorevole, per carità). E le discutibili modalità di sorteggio decise dalla Fifa che hanno relegato l’Italia in un gruppo difficile, sono anche figlie di un inconsistente peso politico che ormai è ai minimi storici.

5) La crisi del calcio italiano e gli stranieri in Serie A. I talenti scarseggiano (o non vengono valorizzati?), le infrastrutture sono vecchie, gli stadi sono sempre più vuoti e in Italia, purtroppo, si muore anche per una partita di calcio. Riportare questo sport ad una dimensione più sana e civile è un imperativo. Ma anche la mentalità è vecchia e le competenze non sono più quelle che tutto il mondo ci invidiava negli anni ’80 e ’90 (Capello e Ancelotti sono gli ultimi baluardi). Partire dal basso sarebbe un primo passo. In Germania hanno affrontato il problema con un lavoro di scouting e valorizzando i propri giovani. E la Bundesliga è piena di calciatori stranieri. In Spagna il governo ha investito molto sullo sport, negli ultimi 20 anni. E’ anche vero che un Nesta, un Roberto Baggio o un Maldini emergono anche in tempi di crisi ed esisterà sempre talento innato e fattori incontrollabili per la fioritura di un campione. Ma è più facile far crescere una pianta su un terreno fertile che su un campo arido.

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