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Dybala dice ‘no’ all’Italia: “sogno l’Argentina”

‘No’ all’Italia da parte di Paulo Dybala che preferisce aspettare una chiamata dell’Argentina. Antonio Conte aveva cercato di lusingarlo, ma il talento del Palermo si sente giustamente albiceleste e sogna di giocare insieme a Messi e a tutti gli altri campioni della sua Argentina. Il Ct della nazionale ha provato a convincerlo per vie traverse e a dare conferma di questo corteggiamento è stato lo stesso Dybala in un’intervista a ‘Repubblica’, nella quale ha motivato nel modo più semplice possibile la sua decisione:

“Con Conte non ho parlato direttamente di questo, ma non e’ facile decidere. L’Italia ha una grande tradizione. Ha vinto quattro volte il titolo mondiale. Io sono nato in Argentina e mi sento argentino. Quando giocavo da bambino sognavo la nazionale Albiceleste”.

‘No’ anche ad un’eventuale chiamata dalla Polonia di Boniek, con la quale potrebbe giocare in virtù delle origini polacche di suo nonno materno: “Boniek ha detto che vuole solo gente che sappia cantare l’inno e il polacco è troppo difficile…” ha detto sorridendo.

L’attaccante palermitano rifiuta il paragone con Messi, praticamente inevitabile quando sei un calciatore argentino tecnico e veloce che non arriva a 180cm d’altezza. Se proprio si vuole trovare una somiglianza tra Dybala e un altro giocatore, il paragone più azzeccato è quello con Vincenzo Montella che probabilmente il giovane argentino, per motivi anagrafici, non avrà mai visto giocare nel suo momento migliore. Con Messi però vuole giocarci, magari nella prossima coppa del mondo:

“Per vedere l’erede di Leo dovremo aspettare tanto così come abbiamo aspettato tanto per l’erede di Maradona. Dybala in finale dei Mondiali 2018? Non c’è calciatore che non sogni di giocare la partita più importante di tutte. È un sogno ma lavoro per realizzarlo”.

Per adesso Dybala è concentrato solo sul Palermo perché vuole assolutamente ripagare la fiducia della società rosanera che per lui sborsò ben 12 milioni di euro nell’estate del 2012:

“Ho dovuto cambiare vita, adeguarmi a un calcio diverso, imparare una lingua nuova. Ma il problema maggiore è stato un altro. Appena arrivato a Palermo ho sofferto molto, perché quando la gente parlava di me ricordava solo quanto mi avesse pagato Zamparini. Tutti pensavano ai soldi, non a come stavo io, a come mi sentivo. Non ero importante come ragazzo, ma per i tanti soldi spesi. Voglio solo dimostrare che Zamparini sapeva quello che stava facendo e non stava buttando i suoi soldi. La mia famiglia mi ha detto di non montarmi la testa. Al momento non penso a un grande club anche se questo è il sogno di tutti. Lavoro per fare sempre meglio”



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