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Sull’imprevedibilità tattica di Montella e il suo staff: con quale modulo gioca la Fiorentina?

Uno degli argomenti preferiti degli appassionati di calcio riguarda indubbiamente la tattica: dal 4-3-3 marchio di fabbrica di Zeman (ma inventato 40 anni fa da Happel col suo Feyenoord), al 3-5-2 che ormai imperversa in Italia (anche qui la matrice originale è da ricercare nell’Argentina di Bilardo), dal 4-4-2 capelliano all’Albero di Natale di Ancelotti fino ad arrivare 4-2-3-1 caro a Trapattoni, numeri e schemi imperversano nella testa di milioni di aspiranti allenatori, nelle aule dei corsi a Coverciano e nelle riunioni alla lavagna delle squadre di tutto il mondo. In questa selva di schieramenti e moduli, spicca ad oggi l’assoluta modernità (leggasi anche “imprevedibilità“) di un tecnico atipico e ben coadiuvato dal suo staff, quel Vincenzo Montella che del passato da centravanti un po’ bizzoso e tutt’altro che altruista ha conservato solo la voglia di arrivare in alto, da Aeroplanino quale è. Per il resto il tecnico della Fiorentina è ad oggi il più all’avanguardia tra i suoi colleghi, riuscendo ad adattare moduli e giocatori a seconda dell’avversario e degli infortuni (Conte e Mazzarri, per dire, non sono dei draghi in merito).

Aiuta in questo senso l’aneddoto raccontato qualche mese fa da Emiliano Mondonico, che sfidò Montella in un Catania-Novara di due anni fa: “Avevo sempre adattato la mia squadra al gioco degli avversari, venivamo da una vittoria a San Siro con l’Inter e un pareggio con l’Atalanta; ebbene al Massimino avevo preparato una certa partita, ma nonostante pensavo di poter imbrigliare in qualche modo il Catania, alla fine non ci capimmo molto: Montella non ci diede punti di riferimento, cambiò modulo a partita in corso più volte, a fine gara gli feci i complimenti“. Finì 3-1 per i siciliani. Ma veniamo al presente, anzi all’ultima settimana della Fiorentina impegnata in un’ostica sfida casalinga contro il Cagliari, contro il Pacos de Ferreira in Europa League e a Bergamo avversaria l’Atalanta, albori di una stagione nata a Montecatini e a Moena in luglio col diktat del 4-3-3, modulo manco a dirlo per il momento riposto in soffitta.

Nella sfida di otto giorni fa, funesta per il risultato (1-1), l’espulsione a Pizarro e gli infortuni a Gomez e Cuadrado, Montella aveva proposto la formazione tipo: schierata con un 3-5-2 molto aggressivo, puntava nelle scorribande dei laterali Pasqual e Cuadrado per imbeccare al meglio il tandem d’oro formato da Rossi e Gomez, con un centrocampo di muscoli e fosforo formato da Ambrosini, Aquilani e Borja Valero. Uno a uno con rimpianti. Contro i portoghesi in Europa ecco varato il piano d’emergenza, l’Albero di Natale (4-3-2-1) con difesa a quattro, solito centrocampo di sostanza e piedi buoni, Joaquin e Mati Fernandez a rifinire per l’unica punta Rossi. Tre a zero. E veniamo a ieri: Colantuono nelle prime tre uscite dell’Atalanta aveva incassato complimenti e soprattutto mascherato alquanto il modo di giocare della sua squadra, preoccupazione anche di Montella che aveva visto insieme al fidato Simone Montinaro le gare della Dea contro Cagliari, Torino e Napoli: calci da fermo pericolosi, zero punti di riferimento in mezzo al campo, difesa quando a 4 (contro il Toro), quando a 3 (col Napoli).

Così la Fiorentina, da grande squadra quale vuole essere (ed è sulla buona strada), ieri è arrivata all’Azzurri d’Italia con un nuovo vestito, col piglio di chi vuole prendersi l’intera posta in palio e con i cosiddetti rincalzi desiderosi di fare bene: quattro difensori, tre centrocampisti, un rifinitore dietro le punte (Fernandez) e due attaccanti, l’immancabile Pepito Rossi e il polacco Wolski, alla prima vera chance da titolare dopo la comparsata nel finale di stagione scorso contro il Pescara. Zero a due che fa gongolare Montella:

“È stata una prova di maturità, che lascia senza dubbio sperare per il futuro. Wolski? Ha fatto una partita di intensità, era timido poi pian piano è maturato. Pizarro? Sappiamo giocare anche in altri modi, comunque sappiamo cosa ci può dare quando gioca. Meglio in trasferta rispetto al campionato scorso? Non so se è tutto giusto rapportare tutto anche col finale dell’anno scorso, queste ultime trasferte mi sono piaciute tantissimo, abbiamo giocato da squadra matura, da gruppo che è consapevole della propria forza. Considerando che mancavano anche giocatori di spessore, c’è stata una crescita. I gol non presi? Noi lavoriamo sempre in tutte le lacune in allenamento. Neto? Ha fatto una grande partita oggi, sta crescendo e noi siamo molto contenti di lui”.

Insomma, a Firenze dopo il pomeriggio nero di otto giorni fa l’euforia e l’ottimismo avevano lasciato spazio a un certo scoramento: in 4 giorni la squadra ha segnato 5 gol senza prenderne, ha vinto e ha convinto, dimostrando da avere una rosa valida per tutte le evenienze e un allenatore abilissimo nelle alchimie dello spogliatoio; in partita poi dalla panchina le partite vengono lette in maniera sapiente, per non dire scientifica. Sono questi i dettagli (si possono definire solo tali?!?) che rendono la Fiorentina una squadra seria, serissima.



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