Secondo le ultime ricostruzioni, Marek Hamsik pare non fosse molto contento di dover andare a parlare con Gennaro De Tommaso detto ‘Genny ‘a Carogna’, pare per passati trascorsi: il capitano del Napoli ha subito furti e altre intimidazioni in passato, forse per non aver accettato di partecipare ad eventi alla presenza di alcuni tifosi dalla fedina penale tutt’altro che pulita. I Mastiffs hanno un rapporto prediletto con i calciatori e a quanto pare gli stessi non possono sottrarsi a determinati impegni. Fatto sta che sabato sera, anche per le rassicurazioni richieste da Polizia e Federazione, Hamsik si è dovuto recare ugualmente sotto la curva occupata dai tifosi partenopei, per evitare che la situazione degenerasse e l’ordine pubblico fosse compromesso.
Accompagnato dagli agenti, da un dirigente del Napoli e da un ispettore Figc pronto a trascrivere tutto, Hamsik fa scendere dalla recinzione Genny ‘a Carogna e lo informa:
“Con un tifoso morto non avremmo mai giocato – spiega il capitano del Napoli – ma ci hanno assicurato che non è così”.
Il boss della curva non ci crede e invita Hamsik a non andare appresso alle “menzogne degli sbirri”:
“Non ci prendete in giro, l’hanno ammazzato”.
Hamsik è costretto ad essere più incisivo e convincente:
“Ci sto mettendo la faccia. Ci sono due feriti, e non sono gravi. E non è una questione di ultras, l’aggressione è avvenuta per altri motivi”.
A quel punto ‘a carogna accetta:
“Va bene. Se ci metti la faccia tu ce la metto anche io. Tanto tutti sappiamo chi siamo e dove siamo…”.
Il resto è storia, con il capo ultras che si gira verso la ‘propria’ folla e fa il gesto con il pollice alto per far capire che è tutto OK e si gioca. Ora mentre il giudice sportivo si appresta a squalificare lo stadio San Paolo, l’ufficio indagini dovrà accertare se i tesserati del Napoli, Hamsik in primis abbiano violato il codice sportivo “a un’illegittima pretesa e legittimando un comportamento violento, intimidatorio e aggressivo”.













