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Tempi moderni: dalla Serie A alla Premier League, ambientamento difficile

Sono finiti i tempi di Gianfranco “Magic Box” Zola o di Gianluca Vialli, eroi indimenticabili dalle parti dello Stamford Bridge, così come risuonano ancora leggendarie le gesta dei vari Fabrizio Ravanelli, Alessandro Pistone e Edwin Van Der Sar, passati dalla Serie A alla Premier League e subito divenuti idoli rispettivamente di Middlesbrough, Everton e Manchester United (qualcuno magari con tappe intermedie), il secondo decennio del XXI secolo dice male a chi lascia il sole del Bel Paese per attraversare la Manica a caccia di contratti in sterline, stadi sempre pieni e relax della vigilia. Quest’estate ben sette giocatori hanno lasciato l’Italia per tentare l’avventura in Inghilterra, e non stiamo parlando di giovanotti di belle speranze ma di Nazionali, di giocatori pagati fior fior di milioni, ex idoli delle tifoserie nostrane che hanno fatto le valigie sperando di sbancare anche in Terra d’Albione.

Le aspettative alla partenza, dopo due mesi di permanenza in Inghilterra, sono state disattese: con questo articolo analizziamo la stagione fin qui trascorsa dei sette sopracitati, un avventura che da trionfalistica sulla carta si sta trasformando in una lenta deriva verso la (mancata) ricerca di se stessi.

Emiliano Viviano

Non era andato a Londra per fare il portiere titolare dell’Arsenal, e comunque una volta che aveva capito di non aver la fiducia a Firenze (sua squadra del cuore) la prospettiva più realistica era quella di fare il secondo di Sorrentino a Palermo, in Serie B. Perciò fare i bagagli per l’Emirates Stadium è stato per lui comunque una mezza soddisfazione, peccato però che Viviano, un portiere comunque di tutto rispetto, il campo non lo vede neanche col cannocchiale: Wenger lo preferisce (che sia campionato o coppe varie) ai vari Szczęsny e Fabianski, per lui fino a questo momento una bella esperienza di vita ma, a 28 anni ancora da compiere non certo un salto in avanti in termini di carriera.

Erik Lamela

Dategli tempo, ripete Villas-Boas, ma se spendi 35 milioni (il più costoso acquisto della storia del Tottenham) e non fai giocare la tua stella del calciomercato (evidentemente di tutti i tempi) allora non puoi farti beffa di come sta andando al tuo ex Bale al Real Madrid. Per l’ex romanista tre i problemi al White Hart Lane: la lingua, il modulo e l’esplosione di Andros Townsend, di fatto il Coco ha giocato 4 spezzoni di gara, poco più di un’ora di gioco e la miseria di un assist per Paulinho contro il Cardiff. Troppo, troppo poco per un giocatore che di fatto ha ancora molto da dimostrare e che sperava di andare in Inghilterra per conquistarsi definitivamente un posto nell’Argentina in vista dei mondiali brasiliani.

Stevan Jovetic

Ottantasette minuti di gioco in Premier a lui concessi da Pellegrini (una sola volta è partito titolare, contro lo Stoke City) senza il becco di un’azione degna di nota, si è (molto) parzialmente riscattato solo in League Cup contro il Wigan (che l’anno scorso vinse il titolo da retrocessa proprio contro i Citizens) contro cui ha siglato una doppietta. Il problema del montenegrino, che in una recente intervista ha dichiarato di esser felice della scelta fatta, è sempre lo stesso: infortuni in serie e una struttura muscolare che già a Firenze avevano fatto storcere il naso ai suoi ex tifosi. Se poi l’allenatore considera Jesus Navas e Nasri più avanti nelle gerarchie di squadra, allora la strada per Jo-jo è proprio in salita.

Libor Kozak

L’effetto novità è già svanito dalle parti del Villa Park, il ceco ex ariete della Lazio pagato dal club di Birmingham otto milioni di euro nell’ultima partita persa contro l’Everton si è accomodato in panchina: il tecnico scozzese Lambert gli ha preferito Benteke e l’idolo di casa Agbonlahor. Il problema di Kozak è che era e rimane un attaccante spigoloso, buono in certe situazioni ma non adatto per tutte le stagioni: fino ad ora ha giocato 5 volte (più una in coppa) siglando un solo gol, seppur da tre punti sul campo del Norwich, più di un mese fa. L’Aston Villa non gira e il ceco non è in grado di risollevarne le sorti.

Pablo Daniel Osvaldo

Il valore dell’italo-argentino non dovrebbe essere in discussione, e infatti in quel di Southampton ha fino a questo momento giocato da titolare; tuttavia nell’ultimo turno era fuori per infortunio e in generale spulciando le sue statistiche stagionali non c’è di che rallegrarsi: l’ex bomber di Fiorentina e Roma l’ha buttata dentro solo una volta contro il Crystal Palace, troppo poco per un giocatore pagato più di 15 milioni di euro dai Saints, impiegato per altro per ben 540 minuti da mister Pochettino; i biancorossi volano con 18 punti in classifica (dove sono quinti) ma i gol (pochi, appena 10) li hanno fatti i vari Lambert, Rodriguez e Lallana.

Emanuele Giaccherini e Mobido Diakité

L’esterno di Talla corre e si impegna, ha segnato due gol e ha offerto fino ad ora quanto può mettere su un rettangolo verde, ma la realtà dei fatti dice che il Sunderland con lui in campo ha raccolto la miseria di un punto in otto partite: nell’ultimo turno è stato messo fuori dal sostituto di Di Canio Poyet e così i Black Cats hanno vinto il derby della vita contro il Newcastle (gol decisivo di Borini, tra l’altro). Per carità, non è questa quel che si vuol dire una bocciatura, ma fino ad ora Giak in Inghilterra ha masticato più bocconi amari che altro. E il suo compagno venuto direttamente da Roma, il difensore ex Lazio Diakité, non ha fatto meglio, anzi è diventato in men che non si dica un oggetto misterioso: partito titolare con Di Canio, non si vede dalle parti dello Stadium of Light da più di un mese. Infortunato? No, scelta tecnica.



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