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Inter, la carica di Mazzarri: “Fatti e non parole, così sogniamo lo scudetto”

Scetticismo e un po’ di disillusione, il popolo nerazzurro è ancora frastornato dal nono posto con cui la squadra ha chiuso lo scorso campionato: con un mercato ancora in evoluzione e l’acido lattico che sgorga dai muscoli dei calciatori, l’unico in casa Inter che già pare avere in mente la ricetta per risollevare le sorti dell’Inter è il solito vulcanico Walter Mazzarri, da San Vincenzo alla Pinetina passando dalla provincia italiana, dalle salvezze impossibili ai miracoli genovesi e napoletani fino al sogno di riportare in alto il Biscione. Al fresco (neanche poi così tanto) di Pinzolo la truppa interista lavora sodo per farsi trovare pronta ai nastri di partenza della prossima stagione, una Coppa Italia da onorare sin da agosto e un campionato che non avrà la distrazione di impegni europei: i presupposti sono buoni per riprendere un discorso che dalle parti della Milano sponda nerazzurra pare essersi interrotto tre anni fa, ai tempi dell’ormai quasi sbiadito nei ricordi triplete di Mourinho.

Oggi Mazzarri ha fatto il primo di una serie di punti sullo stato di avanzamento dei lavori, fase embrionale di un progetto ancora indecifrabile ma che ha già l’impronta del suo condottiero. Il lavoro e ancora il lavoro, non c’è altro da fare per ricominciare a vincere:

“L’Inter deve riscattarsi dopo la scorsa stagione deludente. L’ultimo campionato è stato chiuso al 9° posto e non dobbiamo mai dimenticalo. Ho svolto colloqui singoli coi giocatori, come faccio sempre. Me ne mancano 4 o 5, poi sarà tempo di discorsi di gruppo, all’intera rosa. Le mie squadre non mollano mai, ai tifosi posso promettere questo. Sono abituato ai fatti, non alle parole”.

Abile a dirigere i suoi giocatori, ancora più bravo a dribblare i giornalisti, il trainer toscano non parla di mercato:

“Il top player? Capisco che il mercato sia importante per voi giornalisti e chiunque vorrebbe avere a disposizione i migliori al mondo, ma io devo far rendere al meglio quelli che ho. Sono abituato alla divisione netta dei ruoli, certe domande dovete farle a Branca e ad Ausilio. Io non voglio intromissioni nel mio lavoro e non mi intrometto in quello degli altri, anche se ovviamente comunico con le altre componenti della società. Thohir? Benvenuto a chi dovesse arrivare per fare il bene dell’Inter, ma non devo pensarci io. Moratti mi ringrazia perché non gli chiedo mai nulla”.

La curiosità dei presenti in sala è tanta, per questo si parla di moduli, singoli e questioni tattiche:

“Giovani come Laxalt e Duncan devono essere valutati, non so ancora se andranno in prestito o resteranno qui. A me piace vedere i giocatori coi miei occhi e decidere di conseguenza. A livello numerico siamo completi, manca forse solo un esterno. Il modulo? Ne farò assimilare uno per volta alla squadra. Ora stiamo provando il 3-5-1-1, poi sarà piuttosto immediato capire il funzionamento del 3-4-3, o 3-4-2-1, che praticavo a Napoli. Ma useremo anche il 4-3-3, perché dobbiamo essere pronti a cambiare faccia, a seconda degli avversari. Kovacic? Ha caratteristiche notevoli, uno così deve giocare più avanti, imparare a inserirsi senza palla, andare a cercare il gol come fa Hamsik. Nagatomo? Valorizzerò le sue qualità, ma ripeto, devo ancora conoscere meglio i componenti di questo gruppo. Su Belfodil e Icardi l’Inter ha puntato perché crede in loro. Ho rinunciato pure ad alcune tradizionali amichevoli, pur di potermi concentrare sulla costruzione di questo progetto tecnico”.

Mazzarri però è ben consapevole di essere l’allenatore dell’Inter e pur con le necessarie tare non si nasconde:

“La griglia di partenza è chiara, è fatta dagli investimenti e dal monte ingaggi dei vari club. Ma io ho il dovere di inculcare nella mente dei miei ragazzi l’idea che ogni partita si possa vincere. Non posso fare proclami, non si può parlare di scudetto già dal primo giorno, ma ci aggiorneremo strada facendo. E’ giusto che i tifosi sognino”.

Così come è giusto che si parli del recente passato, leggasi Napoli, che Mazzarri considera un capitolo chiuso pur difendendo gelosamente il lavoro svolto alle pendici del Vesuvio:

“Parliamo di fatti, il resto è aria fritta. A Napoli ho ereditato una squadra che era arrivato sest’ultima, alla prima stagione abbiamo raggiunto l’Europa League e siamo poi cresciuti di anno in anno, nonostante cessioni importanti. Cavani è diventato il fuoriclasse che è a Napoli, mentre a Palermo era un attaccante di medio livello. Edi è diventato un fuoriclasse perché ha capito quanto sia importante il lavoro che la squadra fa intorno a lui. E ha dato il suo contributo”.

Basta parlare però, fischietto in bocca e appunti alla mano, il mai domo Walter torna a dirigere la squadra.



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