Questa mattina il Telegraaf, quotidiano olandese, è uscito nelle edicole dei Paesi Bassi con una intervista a Wesley Sneijder, giocatore che solo tre anni fa pareva sul punto di vincere il Pallone d’Oro e che oggi vive a Istanbul dove difende i colori dei freschi campioni di Turchia del Galatasaray. Crocevia fondamentale della sua carriera il triplete con l’Inter nel 2010 con tutto quel che ne è conseguito: la sua permanenza a Milano nonostante le pressioni del Manchester United per accaparrarsi le sue prestazioni (eccellenti anche nei Mondiali sudafricani), la linea di austerità in termini economici adottata dal club nerazzurro, l’ostracismo verso il fenomeno oranje reo di non voler accettare né il trasferimento né l’adeguamento dell’ingaggio.

I primi sei mesi della stagione appena finita sono stati per lui molto molto difficili, ai margini della squadra (nonostante i commoventi tentativi di Stramaccioni di nascondere le sue esclusioni con motivazioni fisiche e tattiche) e messo per così dire al bando dalla società. Il suo sfogo nell’intervista al Telegraaf certifica il disagio:

“Per i giocatori e i tifosi l’ho trovato veramente terribile ma per altre persone non mi è per niente dispiaciuto che il club sia finito con un risultato di mezza classifica al 9° posto in Serie A, senza neanche una possibilità per poter giocare in Europa e che l’allenatore abbia dovuto andarsene. Se non avessi avuto la personalità che ho, dopo un’esperienza del genere non sarei più riuscito a giocare a calcio. Hanno provato in tutti i modi a farmi a pezzi: tutti i giorni ce n’era una. Un esempio? Una volta ho portato una persona con me all’allenamento e l’ho lasciata nel bar con gli ospiti degli altri giocatori. Quando sono tornato a prenderlo era scomparso: lo avevano mandato via dal bar, mettendolo in uno sgabuzzino senza finestre”.

Il numero 14 del Galatasaray intende ringraziare pubblicamente la moglie per averlo aiutato nel buio di quei mesi meneghini:

“Molte persone all’Inter non meritano più la mia fiducia. E’ stato un periodo di alti bassi, in cui ogni tanto ero molto giù, ma poi mi riprendevo, perché una situazione del genere ti irrobustisce anche. Meno male che avevo mia moglie Yolanthe con me a Milano, che riusciva calmarmi. Se ci fosse stato mio padre, lui avrebbe perso la testa. Spero comunque che coloro che prendono le decisioni all’interno del club si mettano a meditare, perché quello che è accaduto non è degno dell’Inter”.

Un altro pasticciaccio germogliato e cresciuto alla Pinetina: che ci voglia Mazzarri per far tornare armonia e rigore come ai tempi del mai dimenticato Mourinho?

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ultimo aggiornamento: 31-05-2013


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