Assenza di prove. L’assoluzione degli otto poliziotti del settimo reparto Celere di Bologna accusati di lesioni gravissime ai danni di Paolo Scaroni, tifoso del Brescia che passò oltre due mesi in coma per il pestaggio subito alla stazione di Verona il 24 settembre 2005, dopo Verona-Brescia, non poteva che suscitare malumori e dubbi. “Dobbiamo andare avanti, non dobbiamo mollare”, ha commentato Scaroni, in lacrime. Dure critiche da parte dell’avvocato di parte civile Alessandro Mainardi:

“È una sentenza tartufesca, alla don Abbondio: il coraggio chi non ce l’ha non se lo dà. Il giudice ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica per il taglio di 10 minuti nel filmato in cui il mio assistito viene massacrato di botte. Quella è la prova regina, ora mi chiedo: chi risponderà di questa manipolazione che ha sottratto una prova fondamentale?”.

Mainardi si è riservato la lettura delle motivazioni prima di valutare il ricorso in appello. La sentenza, emessa quattro giorni fa, ha risvegliato l’indignazione del movimento ultras. E non solo. Nel paese degli Aldrovandi e dei Cucchi (ma Scaroni, seppur menomato, è vivo…per fortuna) sono moltissimi ad esprimergli solidarietà. La sua pagina Facebook ha ormai superato i duemila amici. “Ricevo più di sessanta richieste di amicizia al giorno” racconta in un’intervista al “Giornale di Brescia”.

I genitori di Paolo raccontano come è cambiata la loro vita e quella del figlio. Le parole di mamma Fausta:

“Da sette anni e mezzo viviamo in un incubo. Ho smesso due anni fa di calcolare quanto abbiamo speso tra medici, avvocati e fisioterapia. I soldi non hanno valore rispetto alla vita di mio figlio. Se sono genitori non so cosa abbiano provato guardando come è stato ridotto il mio Paolo. Da venerdì ho un po’ meno fiducia nella giustizia. Nessuno di noi ha fame di vendetta. Chiediamo solo giustizia per potere garantire un futuro a mio figlio. Prima dell’incidente aveva una vita agiata, un lavoro e praticava sport”.

Non ho più ricordi della mia adolescenza“, spiega in prima persona Scaroni. “A causa del trauma subito alla testa non ricordo più niente di quanto fatto tra i quindici e i venticinque anni“. In attesa di ricorrere in appello, il primo desiderio della famiglia Scaroni è la richiesta di inserire nelle motivazioni che accompagnano la sentenza di primo grado la responsabilità della Polizia, ma finora è stato impossibile individuare i responsabili materiali del pestaggio. “Questa sarebbe l’unica consolazione – afferma la famiglia Scaroni -. Perché ci permetterebbe in una fase successiva di intentare una causa civile nei confronti del Ministero dell’Interno per chiedere un risarcimento economico per tutto questo“.

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ultimo aggiornamento: 22-01-2013


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