Nei prossimi giorni la sconfitta dell’Italia o meglio il fallimento, l’ennesimo ormai, della spedizione azzurra vera esaminato in ogni dettaglio. Le conseguenze dell’eliminazione di questa sera sono già sotto gli occhi di tutti, se le dimissioni di Prandelli erano attese lo stesso non si può dire di quelle di Abete. Ma prima di parlare di movimento, di stato di salute del calcio italiano, non si può prescindere dagli errori tecnici, delle decisioni che vengono prese sul campo e che possono influire sul risultato finale di una partita o, peggio, di un intero torneo.

L’analisi che viene condotta merita una doverosa premessa che è quella dell’aposteriorità, si analizzeranno quindi quegli errori che magari a partita in corso, o prima del fischio d’inizio, potevano anche non sembrare o rivelarsi tali. Partiamo con la scelta della formazione e dello schieramento scelto dal ct. Dopo l’esordio incoraggiante contro l’Inghilterra con il 4-5-1, Prandelli aveva riproposto lo stesso modulo contro la Costa Rica. L’esito era stato meno incoraggiante, forse non per una questione tattica, ma di fatto l’Italia ha dilapidato il grande vantaggio che aveva acquisito con la vittoria all’esordio perdendo contro un avversario che sulla carta non avrebbe dovuto creare nessuna preoccupazione.

Si è data la colpa al caldo, ma non poteva sfuggire il dato statistico relativo ai tiri in porta effettuati da Balotelli e compagni o in ogni caso dai pericoli creati: zero o poco di più. Di questo dato deve essersi accorto anche Prandelli che contro l’Uruguay, pur potendosi accontentare di un pareggio è corso ai ripari. Da qui deriva la scelta di lanciare nella mischia un Immobile invocato un po’ da tutti, l’ex granata sembrava la spalla ideale per Balotelli nelle prime due partite piuttosto isolato. C’era poi da trovare una contromisura alla temibile coppia uruguayana formata da Suarez e Cavani, ecco allora che in soccorso del ct arriva la difesa a tre della Juventus. Sono questi i criteri che hanno portato alla scelta della squadra scesa in campo oggi.

Il disegno tattico del ct azzuro a dire il vero ha funzionato abbastanza bene, in fondo un pareggio era più che sufficiente per conquistare gli ottavi e chiudere il primo tempo in parità e con un consolante possesso palla superiore al 60% poteva indurre a dormire sonni tranquilli. C’è stato solo un piccolo dettaglio che forse ha fatto, un po’ alla volta, crollare tutto il disegno del prepartita e quel dettaglio è stato l’ammonizione di Mario Balotelli. L’attaccante era diffidato e in caso di passaggio del turno non avrebbe potuto giocare gli ottavi di finale, cirocostanza che non ha fatto altro che innervosirlo ulteriormente e infatti in un paio di circostanze ha rischiato anche di non incorrere in una sanzione ben più severa.

Prandelli lo ha capito ma invece di provare a intervenire sul ragazzo, che fino a 24 ore fa era la speranza di un’intera nazione, lo ha sostituito con un centrocampista, Parolo. Questa scelta poteva anche passare inosservata se non fosse arrivata qualche minuto più tardi l’espulsione di Marchisio che, se tatticamente ha sconvolto poco lo scacchiere, da un punto di vista psicologico è stato un vero e proprio turning point. Prandelli entra in confusione, vuole difendere e decide di togliere Immobile (aveva i crampi?) per inserire Cassano, come cancellare ogni residua speranza di colpire l’avversario con la profondità. Poi resta a terra Verrati, muscoli dolenti anche per lui, e al suo posto entra Thiago Motta, una mossa che può essere giustificabile solo quando c’è da conservare un vantaggio. L’Italia finisce qui la sua partita, l’Uruguay è disperato e deve provare il tutto per tutto e si riversa in avanti fino a trovare il fatale e decisivo gol dell’1-0 con Godin, uno capace di segnare in ogni occasione in cui ce n’è davvero bisogno.

Si potrà dire che il rosso diretto a Marchisio sia stato eccessivo, oppure che pochi secondi prima del gol Suarez avrebbe meritato il rosso per il morso a Chiellini e che, almeno psicologicamente e numericamente, si sarebbe ristabilito un certo equilibrio. Resta il fatto che due eliminazioni ai gironi consecutive non sono un caso, fa niente se in mezzo ci sia stata una finale di Europeo (siamo stati umiliati dalla Spagna). Si potrà dire che è tutto il calcio italiano che sta attraversando un periodo di crisi e che dopo il 2006 non c’è stato un ricambio generazionale necessario, non solo a livello tecnico. Ma per ripartire bisogna anche imparare dagli errori e quando si parla di calcio gli errori, i primi e i più importanti, sono quelli sul campo o dalla panchina. In questi mondiali non sono stati pochi, è difficile dire se abbiano pesato più le scelte di stasera o quelle fatte un mese fa con le convocazioni, ma che qualcosa non sia andato per il meglio è evidente. Se saremo bravi a capire, a leggere, quello che è successo in queste due settimane di Brasile potremo sperare di ripartire nel prossimo futuro, chiunque sia in panchina, chiunque scenda in campo.

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