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Luciano saluta l’Italia e ricorda: “Ecco perché mi chiamavo Eriberto”

Alla soglia dei 40 anni Luciano decide di tornare in Brasile salutando così l’Italia, il Paese che lo ha reso famoso al grande pubblico calcistico sia per le sue giocate sul rettangolo verde che per la clamorosa falsa identità con cui sbarcò nel campionato di Serie A: all’epoca, parliamo del 1998, Oreste Cinquini lo portò al Bologna versando nelle casse del Palmeiras 5 miliardi delle vecchie lire, un investimento non male per un “diciannovenne” che tanto bene stava facendo nel campionato brasiliano. Dopo due anni sotto le torri, in cui abbinò grandi giocate a nottate un po’ turbolente, passò in comproprietà al Chievo risultando tassello decisivo nel miracolo dei clivensi tanto in B quando in Serie A: grazie alle sue prestazioni la Lazio, che poi si accaparrò il “gemello” Manfredini, stava per comperarlo quando, nell’estate del 2002, ebbe crisi esistenziali (è proprio il caso di dirlo) che lo portarono a confessare la più grande delle bugie.

Non si chiamava Eriberto e non era nato nel 1979, ma Luciano e aveva 3 anni e due mesi di più: 160mila euro di multa e 6 mesi di squalifica, il Chievo non lo abbandonò e addirittura un anno dopo passò all’Inter; fu solo una parentesi perché fece subito ritorno al Bentegodi dove ha giocato praticamente tutta la carriera mettendo insieme 316 partite condite da 18 gol, prima dell’appendice finale a Mantova. Dopo 16 anni torna in patria, come ha raccontato egli stesso a Sky Sport:

“Ho deciso di tornare a casa dove ho la possibilità di iniziare una nuova vita. Mi dispiace lasciare l’Italia, ma sento che questa è la scelta giusta. Il Chievo rappresenta tutto per me. Abbiamo vinto il campionato di Serie B e fatto grandi cose anche in A quando nessuno se lo aspettava. Sono cresciuto con quei colori”.

Inevitabile però ritornare sulla famosa vicenda del cambio d’identità; Luciano la ricorda senza nascondersi:

“Sono cresciuto senza genitori e dovevo lavorare per poter mangiare. Ho colto quest’opportunità: cambiare nome dando retta a gente più grande di me che mi ha consigliato di provarci. Mal che vada, dicevano, tornerai indietro e comincerai a lavorare un’altra volta. Ma più passava il tempo e più mi facevo delle domande. Nel 2002 sarei potuto andare alla Lazio e guadagnare tanti soldi, ma ho preferito prendere coraggio e dire la verità. Non riuscivo più a reggere il peso della bugia”.

E a posteriori è stata la scelta giusta: tutti all’epoca apprezzarono la sincerità e ascoltarono attentamente la sua storia, nessuno ha mai avuto nulla da ridire sul professionista e sul calciatore, grazie anche al coraggio con cui confessò il misfatto oggi Luciano è un uomo realizzato che può ripensare serenamente a una carriera più che dignitosa con la maglia dei Mussi Volanti.



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