Una serata di Coppa Italia per innamorarsi della Juve di questa stagione. Cosa ci lascia la prestazione dei bianconeri contro la Salernitana

Ci si può innamorare di una squadra in una “normale” serata di Coppa Italia, vissuta peraltro con la giusta cornice di pubblico? La risposta è sì ed è la descrizione personale di JuventusSalernitana. Finora la squadra aveva regalato emozioni solo nella sua capacità di resistenza, almeno a quelli che non lo ritengono un difetto inestinguibile o addirittura un marchio di arretratezza culturale. C’era bisogno, però, di uno scossone. E al di là del fatto che nessuno come Allegri in Italia ha dimostrato di tenerci alla competizione, tanto da vincerne quattro di fila, un momento di emozione più forte era necessario per dare più fondamento a quel che si sta vivendo. Che potrebbe anche non essere poi premiato da nulla perché nulla è stato ancora deciso, ma intanto la constatazione di essere così dentro le competizioni non la si viveva da un po’. Ed è la priorità dalla quale fare discendere ogni altra considerazione.

Il primo tempo è stato tra i più significativi della stagione. Perché una partenza con “errore da Reggio Emilia” è stata immediatamente assorbita con un pareggio molto ben costruito, garantito dal movimento di Chiesa, che sulla fascia fa la differenza e trova una connessione sull’altro lato con Cambiaso. La Juve finalmente è fluida, cambia posizioni, ha fasi d’intensità e soprattutto una ricerca della verticalità che accende un po’ tutti. E la cosa che più risulta convincente è la quantità di movimenti interni fatti, così si liberano degli spazi, anche se non sempre si è precisi o si arriva a costruire i presupposti di tiro.
Però, non c’è che dire, vedendo la squadra non si potrebbe proprio dire che non sappia esprimere un’identità e anche una marcata impronta offensiva. Chiaro, conta anche la relativa forza dell’avversario: però vedere un Chiesa così vivace e continuo, accompagnato da un’aggressività diffusa e funzionante, fa pensare che si possa anche interpretare questo tipo di calcio. Non per farne un manifesto, che non ci sono i presupposti. Ma per proporre la propria superiorità in maniera convinta quando è più che possibile farlo o anche solo per arrivare a un vantaggio meritato per la coerenza dell’atteggiamento. Che poi arrivi nel “solito” modo, con il sesto gol da corner, non si può che esserne soddisfatti. Perché è una risorsa praticamente inesauribile e perché distribuita in maniera democratica come meglio non si potrebbe: dopo i gol da angolo di Danilo, Gatti, Milik, Rugani e Rabiot, arriva anche quello di Cambiaso. Giocatore in crescita costante, certa, solida, tanto da far pensare a un suo futuro davvero interessante. E che, probabilmente, è colui che più sembra essere quello rappresentativo di cosa voglia l’allenatore.
I recuperi alti, la brillantezza nelle iniziative individuali, il pensare in avanti e uno spirito collettivo che ormai sembra patrimonio acquisito: di buone impressioni ce ne sono non poche dopo i primi 45 minuti.

La Juve di Coppa fa sognare i tifosi: Yildiz la ciliegina

Nella ripresa la Juve è entrata per chiudere la pratica qualificazione e vi è riuscita in fretta, ancora una volta con un corner in movimento nel quale Chiesa inventa, Milik aggiunge e Rugani chiude. A quel punto, tenendo conto delle abitudini di stagione, ci si potrebbe aspettare anche un rilassamento, una gara di transizione, potrebbe essere pure legittimo.
Ma ci sono due fattori che contano: lo stadio è pieno e trasmette vibrazioni o ispira un certo senso del dovere nei suoi confronti che si dovrebbe avere sempre; e poi, con l’ingresso dei giovani o comunque delle alternative a chi era in campo, c’è nuova benzina per andare avanti con un ritmo ancora sostenuto.

Si spiega così il divertimento finale, con l’autogol provocato da Yildiz, che poi decide di ripetere l’exploit di Frosinone. E se in casa Juve emergono giocatori che dalla sinistra con il piede destro inventano cose meravigliose quando hanno 18 anni o poco più, diventa fatale lanciare il pensiero a un ragazzo che negli anni ’90 iniziò a farlo, ha continuato così per circa 20 anni ed è assolutamente superfluo dirne il nome e il cognome. Anche se per la modalità della rete, a me Kenan ha ricordato una versione “cattiva” – nella conclusione finale – di quel gioco di gambe che regalò Roberto Baggio in Italia-Cecoslovachia al Mondiale del 1990.
La Juve di coppa ha mostrato un elevato livello di sicurezza nel suo insieme e singolarmente. La rete di Weah è sembrata la firma adatta in una serata dalle sensazioni forti.

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ultimo aggiornamento: 05-01-2024


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