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Calcio Estero

Mancini rivela: “Per la Roma sarei tornato”

Roberto Mancini,a circa due mesi dal benservito ricevuto dal Manchester City e dal suo proprietario, lo sceicco Mansour, rivela al ‘Corriere dello Sport’ che in Italia ci sarebbe tornato volentieri, perché c’era un progetto che lo avrebbe affascinato: “La Roma? Mai avuto un contatto diretto, è un grande club, dal prestigio assoluto, che sta cercando di ricostruire un ciclo. Un’avventura che avrebbe avuto un suo fascino, non lo nego… Mai dire mai. Avrei preso in considerazione una proposta interessante”, detto l’ex tecnico di Inter e Fiorentina. La nuova Roma di James Pallotta, dunque, non lo ha cercato realmente, ma se lo avesse fatto, Mancini sarebbe tornato di corsa nella capitale, nella sponda opposta a quella frequentata da calciatore.

Una confessione a 360° quella fatta da Mancini oggi al quotidiano sportivo romano, nel corso della quale l’ex manager del Manchester City si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa:

“Lo sceicco Mansour e il presidente Khaldoon sono due grandissimi dirigenti, a cui sarò grato per sempre – dice ancora ‘Il Mancio’ – Mi chiamarono e mi dissero: in tre anni vogliamo lo scudetto e io al secondo anno l’ho vinto. Ci sono rimasto male, pensavo di meritare più rispetto per quello che avevo fatto per il Manchester City. In tre stagioni e mezzo, con il mio staff, è stato fatto un lavoro straordinario. Il club non vinceva un titolo da oltre quarant’anni. Io ho vinto un campionato, una FA Cup, una Supercoppa e nell’annata peggiore, l’ultima, ho perso una finale e sono arrivato secondo. I numeri sono chiari, questo esonero ancora oggi non ha una motivazione. Sono, comunque, orgoglioso del mio lavoro”.

Mancini è dunque convinto di aver fatto bene, nonostante abbia vinto la Premier League a pari punti con i cugini dello United. Il nemico interno, stando a quanto rivelato dallo stesso tecnico italiano, pare sia stato l’amministratore delegato dei ‘Citizens’, Ferran Soriano:

“Non l’ho trovato una persona interessante dal punto di vista calcistico, non parlavamo la stessa lingua e non mi riferisco all’italiano, allo spagnolo o all’inglese… Credo che prima si fosse occupato di una compagnia aerea, – dice risentito Mancini – ma io non l’avevo mai sentito nominare. Io vivo di calcio da quando avevo 13 anni e Soriano prima di Manchester non l’avevo mai incrociato. E’ arrivato in Inghilterra, ha assunto il ruolo di manager e vedo che gli piace esporsi sempre, gli piace parlare, stare in primo piano. La cosa non mi riguarda più. Ormai il City è al vertice del calcio europeo e il più è fatto”.

L’ex tecnico dell’Inter, inoltre, lamenta di non essere stato ascoltato per la campagna di rafforzamento subito dopo la conquista del titolo inglese.

“Subito dopo la conquista dello scudetto, siccome vivo di calcio e sono stato giocatore, avevo pensato di fare almeno tre innesti importanti. Van Persie? Lo sapevano tutti, non era un mistero. Avevamo già un accordo, sapevo che sarebbe stato l’uomo della differenza. Ma non ci siamo mossi, come poi per De Rossi e Hazard, gli acquisti che avevo indicato per fare il bis da scudetto. Non è un caso che la Premier sia stata vinta dalla squadra che aveva preso Van Persie”.

Nel corso della sue esperienza inglese, Mancini ha allenato Mario Balotelli e Carlos Tevez, due bei caratterini che oggi si ritrovano avversari per il titolo in Italia: il primo al Milan, l’argentino appena sbarcato alla Juventus:

“I goal di Mario ci sono mancati – spiega Mancini tornando sulla stagione appena conclusa – però da tempo avevo capito che in Inghilterra non stava più bene. Lui, come Suarez, era stato preso di mira dagli avversari, dagli arbitri, dal pubblico. Certo, lui non ha fatto niente per evitare certe situazioni… La nostra lite in allenamento? Vi giuro, non era successo niente. Partitella cinque contro quattro, decisi di giocare perché eravamo dispari e quando ho visto che Mario aveva colpito un suo compagno con un calcio gli ho detto di allontanarsi. Trenta secondi di scontro verbale sono diventati un caso che non esisteva”.

“Tevez? Colpo straordinario, che qualcuno sta sottovalutando. Con Carlos ha messo ancora parecchia distanza tra lei e le rivali da scudetto. Con Tevez farà meglio anche in Champions. In Italia l’argentino diventerà un giocatore decisivo. Io l’avrei tenuto al City: con Aguero e Cavani. Si rifiutò di entrare a Monaco contro il Bayern, per me il giorno dopo il caso era chiuso. Lo chiamai a casa e gli dissi di chiedere scusa a tutti. Lui non lo fece, ma fu consigliato malissimo. Tevez è un bravo ragazzo, a quell’epoca fu montato e fu spinto ad avere certi atteggiamenti. Rientrò dopo qualche mese e fu decisivo per lo scudetto”.

Dunque, se fosse rimasto Mancini ancora un anno al Manchester City, sarebbe arrivato quasi certamente Edinson Cavani, bomber del Napoli ora al centro di un vero e proprio intreccio di mercato, che coinvolge Chelsea e PSG:

“Cavani, un top player a cui ci eravamo già avvicinati. E’ nel pieno della maturità, un giocatore straordinario, che attacca, difende e fa gol. Avrei fatto di tutto per prenderlo. E Fernandinho l’ho scelto io. Scambio Cavani-Dzeko? Non conosco la volontà del presidente De Laurentiis, ma se il Napoli vende Cavani e prende Dzeko sappia che andrà sul sicuro. Acquisterebbe un grandissimo attaccante, da 25 gol, che ha un solo difetto: ha bisogno di giocare sempre”.

Oltre alla Roma, nei giorni scorsi si è parlato di un interesse di alcuni club francesi per Mancini, ma ormai i giochi sono chiusi. Lo conferma il diretto interessato:

“Il Psg è un grande club, ma non ho avuto nessun contatto. Per la seconda volta, dopo quarant’anni di lavoro, mi fermo e ne avevo bisogno. Sta diventando un colosso europeo. Il Monaco? Mai stato contattato. Ha un grande allenatore, Ranieri, che merita di gestire la squadra in serie A dopo il successo nel campionato cadetto”, conclude.



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